Salacia - Anfitrite, Signora delle acque salate
Oggi parliamo di una Dea tutta nostrana, la romana Salacia, identificata con la greca Anfitrite, che ne soppiantò quasi completamente il culto.
Salacia era la Dea del Mare, delle profondità marine e del sale, elemento prezioso di sopravvivenza, considerato moneta di scambio nei tempi antichi, da qui deriva anche il termine "salario", a Lei erano dedicate le saline e spesso i villaggi sulle coste.
Il sale era simbolo quindi di abbondanza, ma anche di saggezza, "cum salis" dicevano i romani per indicare un'azione svolta con intelligenza, concetto che ritroviamo anche nell’espressione “avere sale in zucca”. Anche il nostro aggettivo “salace” rimanda alla presenza di spirito, ed al sale, pertanto la Dea Salacia era portatrice di cibo, di intelligenza, protettrice della navigazione e dei commerci, invocata sia dai pescatori che dai militari come Stella Maris, astro lucente del mare. Il suo nome rimanda al sale (sal) ed allo zampillare (salire). In quest’ultima accezione, Salacia è nota come dea delle fonti, specie di quelle con acque molto minerali.
In epoca romana, Salacia è sposa del dio del Mare e delle Acque dolci, Nettuno, e surclassa di fatto il marito nella devozione popolare. Per i Romani, Salacia era in origine una ninfa del Mare di cui si invaghì Nettuno, il quale le chiese di sposarlo. Salacia rifiutò, scegliendo di preservare la propria verginità, e trovò rifugio nelle profondità dell’Oceano Atlantico. Nettuno non rinunciò e la fece cercare da un delfino, suo messaggero, che riferì alla ninfa il giuramento di eterno amore del dio, e la sua promessa di renderla regina del Mare. Salacia fu persuasa dal delfino ed accettò di sposare Nettuno. Tornò ad abitare le Acque del Mediterraneo, regnando sulle profondità marine e generando con Nettuno tre figli, tra cui spicca Tritone, mezzo umano e mezzo pesce. Il buon delfino non fu dimenticato dagli dèi, e venne anzi premiato per il servizio reso ascendendo al cielo, dove possiamo tuttora ammirarlo nella costellazione Delfino. Salacia viene ritratta, dall’epoca dei Romani in poi, in vesti regali con una corona di alghe e reti da pesca tra i capelli, seduta in trono accanto a Nettuno oppure in sua compagnia su un carro di conchiglia trainato da delfini, ippocampi o altre creature marine, circondati da un corteo di Tritoni e Nereidi.
Suoi simboli sono le alghe, la rete da pesca, il delfino, il sale e i pesci.
Salacia di Dominique Hurley
Anfitrite, nella Teogonia di Esiodo, è figlia di Nereo e Doride, per questo Nereide, mentre secondo Apollodoro sarebbe figlia di Oceano e di Teti e viene annoverata sia fra le Nereidi che fra le Oceanidi.
Nell'epica omerica non è completamente personificata: "là sul mare aperto, fra i flutti di Anfitrite"; il suo epiteto Halosydne ("allevata dal/nel mare") è condiviso da Teti.
Come Salacia, scappò da Poseidone e si nascose da qualche parte nell'Oceano Atlantico. Poseidone volendola ritrovare a tutti i costi, mandò tutte le creature marine a cercarla. Delphinus, un delfino, riuscì a trovarla e a convincerla a tornare dal Dio del Mare e a sposarlo. Così Anfitrite diventò la dea del mare e il Delfino in segno di gratitudine fu trasformato in una costellazione.
Un altro mito racconta che Anfitrite trascorreva la maggior parte del tempo a cantare e ballare con le sue sorelle e un giorno Poseidone la vide nei pressi dell'isola di Naxos e se ne innamorò subito, la rapì e ne fece la sua sposa. Dal marito ebbe quattro figli: Tritone, Rodo, Cimopolea e Bentesicima.
Anfitrite non si dimostrò vendicativa nei confronti delle amanti segrete di Poseidone. L'unica amante di cui si vendicò fu Scilla, o, secondo altre versioni, Medusa. Nell'Odissea è dipinta come colei che spinge le onde contro gli scogli e si compiace circondarsi di delfini, cani e altri mostri marini.
Probabilmente Anfitrite era una delle divinità preelleniche del mare, che, quando i Greci penetrarono nella penisola ellenica, venne accolta da loro, mantenendo però un posto di secondaria importanza. Ciò spiegherebbe perché Omero nell'Iliade non sembri conoscerla e nell'Odissea se ne parli soltanto come di una personificazione dell'elemento marino, senza una vera e propria personificazione. Allo stesso modo Anfitrite è concepita in maniera puramente allegorica in molta parte della poesia greca e latina. Di conseguenza sembrerebbe tarda la sua identificazione con una Nereide o un'Oceanina, avvenuta probabilmente nell'epoca in cui si cercò di mettere ordine tra i varî Dèi accolti nel complesso delle credenze e della religione dei Greci.
L'etimologia di Anfitrite è incerta e non del tutto chiara, ma si ipotizza una connessione con altri nomi che contengono l'elemento "τρίτ" (trit), che potrebbe indicare la "corrente" o qualcosa legato al movimento dell'acqua. In particolare, si è suggerito che "Anfitrite" possa essere collegata al concetto di "terrorizzare tutt'intorno", riferendosi alla potenza del mare.
Il trionfo di Nettuno di Nicolas Poussin
Commenti
Posta un commento